INFO
dal 17 al 24 Ottobre 2023
Vernissage: Martedì 17 ottobre , 6 – 9 pm
Von Buren Contemporary
Via Giulia 13
00186 Roma
INTERIORS
mostra personale di
CHIARA CASELLI
Vernissage
Martedì 17 ottobre 2023
dalle 18:00 alle 21:30
Testo critico: VITTORIO SGARBI
Evento speciale in collaborazione con Festa del Cinema di Roma 2023
Mostra prodotta da La Milanesiana 2023 ideata e diretta da Elisabetta Sgarbi
la mostra resterà aperta fino al 24 ottobre 2023
Von Buren Contemporary
Via Giulia 13, 00186
Roma In occasione della Festa del Cinema di Roma 2023, Von Buren Contemporary è lieta di ospitare l’anteprima romana della mostra fotografica INTERIORS di Chiara Caselli. Artista dal talento multiforme – fotografa, attrice e regista – Chiara Caselli sviluppa con Interiors un racconto intrecciato da fili sottili e potenti, intimo e visionario.
… Ha fotografato l’infinito nel cielo e nel mare, parlando di sé con purezza, con ostinazione. Ritorna ora con le immagini sofisticate e di formidabile fascinazione in un racconto fatto di assenza… quando un artista interpreta il pensiero di tutti, vuol dire che è un artista. Quando leggi Leopardi, leggi di lui, ma riguarda anche te. L’infinito suo è l’infinito anche nostro. E allora, in queste stanze di Chiara, vedrete voi stessi, troverete una parte della vostra anima.
Vittorio Sgarbi
Ha fotografato l’infinito nel cielo e nel mare, parlando di sé con purezza, con ostinazione. Ritorna ora con le immagini sofisticate di un racconto fatto di assenza.
Se i suoi mari e i suoi cieli rimandavano alla pittura di Guccione, questo interno vuoto della stanza di Molly ha la severità della poesia semplice e povera degli interni di Gianfranco Ferroni.
Quella sedia parla, è stata testimone di gesti, di vita, e indica l’assenza di qualunque presenza che non sia quella di chi ci è passato in quella stanza ed è ora in un’altra stanza e in quella vive e in questa, restano solo la sedia, l’abito, la coroncina. La fotografia parla. Qualcosa è accaduto. Qualcosa accadrà. Il racconto di piccoli movimenti interiori ed esteriori culmina con la tunichetta bianca appesa al muro, con la corona in alto. Chiara è altrove. Nella stanza si agita il suo fantasma.
Lo sguardo di Chiara si sposta. Entra in un bosco, davanti alla natura, con i colori più tenui, a pastello. Sentiamo l’aria tra le foglie, in una fusione di verde e di azzurro. Ma c’è qualcosa di più del verde. C’è lo spazio della memoria, il tempo fermo.
L’occhio di Chiara si muove nella casa di Livia. Nella sua villa lungo la via Flaminia, Livia, moglie dell’imperatore Cesare Augusto, fece dipingere un giardino eterno, caratterizzato dal rigoglio sempreverde delle piante, dallo sbocciare perenne dei fiori, dal cinguettare degli uccelli fra le fronde. Lungo le pareti si osservano alberi carichi di frutta, cespugli in fiore, uccelli che volano fra i rami mossi dal vento mentre altri cinguettano posati sulle fronde: colombe, cardellini, passeri, merli, rondini, usignoli. In basso il prato dipinto – punteggiato da cespugli (di acanto, edera, felci…), da fiori (rose, papaveri, crisantemi, iris…), uccelli in riposo, una gabbietta.
In questo giardino dove non è mai inverno entra Chiara, qui si muove e vede, e sente, entra con il corpo, essendo dentro quel giardino e lo intende come se fosse reale, perché anche l’Arte è reale, è reale il giardino ma è reale anche il giardino dipinto. Il giardino dipinto diventa allora uno spazio interiore e Chiara lo fa diventare il suo giardino. Non siamo davanti a immagini per un catalogo d’arte, siamo in uno spazio del desiderio, in un luogo che appartiene a Chiara, che si immerge in una natura reale che è fuga, paradiso terrestre, Eden. Alla sua visione non ci sono confini, non margini, quel paesaggio è il paesaggio della sua anima.
Nella terza stanza, appare il corpo, il corpo nudo, mosso, sfocato, sensuale come nei dipinti di Guido Cagnacci e di Artemisia Gentileschi. Anche il nudo per Chiara è incorporeo, è un nudo psicologico, in dissolvenza. Il corpo trema, si agita, si mostra in estasi come l’ultima Maddalena di Caravaggio.
Poi il nudo sparisce, e resta un notturno, un velo da sposa sospeso nel vento tra i rami in fiore che richiama la celebre Ophelia di John Everett Millais. E’ il velo da sposa della madre di Chiara, che immagino non ci sia più, un velo di quando lei non c’era ancora. E’ il tempo del rapporto con la madre quando non era madre, è il tempo della giovinezza che non finisce e appartiene quindi ad un tempo immateriale, un tempo eterno. E’ una testimonianza soltanto sua, di Chiara, ma quel velo è anche il velo di nostra madre, riguarda il nostro pensiero, la nostra memoria, la nostra identificazione, perché l’Arte ci impone un’identificazione. Quando un artista interpreta il pensiero di tutti, vuol dire che è un artista. Quando leggi Leopardi, leggi di lui, ma riguarda anche te. L’infinito suo è l’infinito anche nostro. E allora, in queste stanze di Chiara, vedrete voi stessi, troverete una parte della vostra anima.
Vittorio Sgarbi
Interiors
La mostra, fortemente voluta da Elisabetta Sgarbi per la sua 24esima edizione di La Milanesiana, è stata concepita come uno site specific per gli spazi di Bormio dove è stata allestita la scorsa estate..
In occasione dell’anteprima romana, ho dovuto rimodulare il racconto, occorreva una vera riscrittura in funzione di questi nuovi e differenti spazi espositivi.
E’ stata un’opportunità, ho scoperto che mischiando le carte, le nuove relazioni tra le opere restituivano comunque senso al mio lavoro un senso diverso ma coerente e forse più misterioso. Il che, di solito, è anche un gran bene.
Sta ora a voi leggere o immaginare i nuovi fili che tessono il racconto. Nello spazio originario, strutturato in tre ambienti contigui, lo avevo costruito in tre capitoli, tre stanze. Di qui, ma non solo, il titolo Interiors.
Stanza n.1 La stanza di Molly
Ho iniziato da Molly, protagonista dell’ultimo stupefacente capitolo dell’Ulisse di Joyce e mia compagna di viaggio dal lontano 2011: prima l’adattamento del testo, poi diventato spettacolo teatrale per il Festival di Spoleto e infine cortometraggio presentato al Festival di Venezia nel 2016.
Un anno dopo aver girato il cortometraggio, il custode mi telefonò per dirmi che la casa che era stata di Molly era appena stata venduta; così ci sono tornata per salutarla e l’ho fotografata: non era rimasto nulla, solo quelle pareti tirate a stucco negli anni ’40 e mai più toccate. Non un muro ma un mondo, cangiante e venato di crepe.
E’ un piccolo racconto sull’Assenza.
Stanza n.2 Il Giardino
… I love flowers I’d love to have the whole place swimming in roses…
dice Molly nel vorticoso finale che chiude l’Ulisse, un inno alla vita, alla natura e a quel che è stato e non è più e che solo nell’immaginazione rivive splendente di luce.
Ho allora ricreato un giardino incantato, che esiste già, ed ha più di duemila anni. E’ Il giardino di Livia a Palazzo Massimo di Roma. Sono affreschi e in quello, ma non solo, si sposano con la materia/muro della stanza di Molly,
Tra le grandi immagini del giardino che fanno da parete alla stanza, due piccole video installazioni come finestre socchiuse sul mondo là fuori: cose piccole, sognate forse, sospese.
Stanza n.3 L’Assenza
Nell’ultima stanza mi allontano dal mondo di Molly riprendendo però il tema dell’Assenza. Cucio insieme lavori nati in tempi e mondi diversi, uniti dal sentimento dell’assenza. A volte è un’assenza silenziosa, altre, come il trittico che faceva parte dei lavori per la Biennale del 2011, portano un dolore che è come un grido, ma tutte le opere di quest’ultima stanza sono per me racchiuse nel grande dittico del mare, un orizzonte indefinito e lontano, che le abbraccia e le contiene.
Per l’edizione romana ho usato tutte le opere, tranne due, quelle che portavano un dolore troppo “rumoroso” per i nuovi spazi. E’ però rimasta l’immagine centrale, quella figura femminile che vi accoglie all’entrata e che è diventata il punto dal quale si irradiano i nuovi fili del racconto.
Come sempre ho passato molto tempo in stampa, mi è necessario per ritrovare e riportare sulla materia carta il sentire che ha nutrito e fatto nascere quegli scatti.
Chiara Caselli