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2019

Zarattini | Composizioni da Scomposizioni | Aprile 2019

INFO

Vernissage | 16 e 17 Aprile 2019 | 18:00 – 22:00

Dal 16 Aprile al 14 Maggio 2019 | 10:00 – 20:00

RvB ARTS, Via delle Zoccolette 28, Roma

RvB Arts è lieta di presentare

COMPOSIZIONI DA SCOMPOSIZIONI
la mostra personale di​

LUCA ZARATTINI
Via delle Zoccolette 28 e Via Giulia 193, Roma

La mostra resterà aperta fino a Martedì 14 Maggio 2019
Orari: 11:00-13:30 e 16:00-19:30;
Domenica e Lunedì chiuso

Curatori:
Michele Ainis e Michele von Büren di RvB Arts
Testo critico: Michele Ainis

Ufficio stampa:
Caterina Falomo – Pennarossa PressLab

A osservare le sue opere, ti sembra di guardare attraverso il finestrino d’un treno in corsa sui binari – un caleidoscopio di paesaggi ora più vicini ora più lontani, e mai del tutto a fuoco. Oppure, quando l’immagine parrebbe fissarsi in un punto esatto della tela, scopri che sotto la vista in primo piano c’è pure un’altra vista, e dopo un’altra e un’altra ancora. È il suo modo di rappresentare il mondo, la sua cifra d’artista: per Zarattini ogni composizione è una scomposizione.

Michele Ainis

RvB Arts è lieta di presentare COMPOSIZIONI DA SCOMPOSIZIONI, la mostra personale di LUCA ZARATTINI.

Le ultime opere di Luca Zarattini evidenziano in modo particolare il processo con cui sono state eseguite, indipendentemente dalle sembianze che hanno assunto nel loro divenire. L’aspetto finale appare quasi come un “accidente”, o una scoperta in fieri, frutto di una visione dove si mescolano il caso e il caos – dalla loro armoniosa articolazione e gestione scaturiscono forme compiute e riconoscibili; in una parola, l’ordine. Ma ciò che avviene prima di questa rivelazione è altrettanto importante e consiste nel riutilizzare le proprie opere, dando loro una nuova veste: dalla frammentazione (letterale) e reinterpretazione del proprio passato emergono originali composizioni, fatte di strati di carte dipinte, strappate e incollate. Lentamente, una forma inaspettata si assembla per addizione, tra echi pasoliniani e omaggi a figure chiave dell’arte del Novecento, come Van Gogh. Un nuovo mondo prende vita dalla riorganizzazione della materia.

Luca Zarattini è nato a Codigoro (Ferrara) nel 1984 e si è diplomato all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Unendo lo studio di soggetti tradizionali con la ricerca sui materiali e sulle tecniche, i suoi dipinti vivono di una consistenza ricca e densa che dispone anche un intrigante dialogo tra presente e passato. Nonostante la giovane età, Zarattini ha tenuto esposizioni personali che lo hanno portato all’attenzione della critica e alla partecipazione ad importanti rassegne, con l’aggiudicazione di prestigiosi premi (Premio Niccolini 2016, Basilio Cascella 2011, Zingarelli 2010, e del Concorso 150° dell’Unità indetto dalla Prefettura di Ferrara e dall’Istituto di Storia Contemporanea).

Creata da Michele von Büren, RvB Arts promuove l’Accessible Art. Scova talenti emergenti e organizza mostre ed eventi con lo scopo di far conoscere l’arte contemporanea in maniera divertente ed informale, rendendola anche ‘abbordabile’ da un punto di vista economico.

COMPOSIZIONI DA SCOMPOSIZIONI

Composizione, componimento, compimento: nell’atto del comporre s’esprime un’esigenza d’ordine, e al contempo una ricerca di senso, di un’idea del mondo che sia per l’appunto compiuta. Quando fissi su una pagina o una tela o uno spartito musicale il moto incessante delle cose, è come se scoccassi una freccia verso il cielo, fermandola su un punto qualsiasi della sua traiettoria, scattandone per così dire un’istantanea, una fotografia. Là fuori, però, la vita corre, le immagini si sovrappongono e si sfaldano a vicenda, sicché la rappresentazione dell’artista è sempre parziale, è sempre infedele suo malgrado. Anzi: quanto più l’artista riesca a comporne un quadro perfettamente definito, tanto più la sua composizione suona falsa, perché l’esperienza del nostro vissuto è viceversa indefinita, perché il farsi delle cose consiste essenzialmente in un disfarsi.

Luca Zarattini, invece, procede in senso opposto. Non gli interessa la meta, bensì piuttosto il viaggio, il movimento, il divenire. A osservare le sue opere, ti sembra di guardare attraverso il finestrino d’un treno in corsa sui binari – un caleidoscopio di paesaggi ora più vicini ora più lontani, e mai del tutto a fuoco. Oppure, quando l’immagine parrebbe fissarsi in un punto esatto della tela, scopri che sotto la vista in primo piano c’è pure un’altra vista, e dopo un’altra e un’altra ancora. È il suo modo di rappresentare il mondo, la sua cifra d’artista: per Zarattini ogni composizione è una scomposizione. Ne è prova la serie di dipinti (e di sculture) ospitati nella mostra romana presso la galleria RvB Arts di Michele von Büren, il cui titolo assume perciò un valore programmatico: Composizioni da scomposizioni. Ma lui lavorava così pure in passato, quando utilizzava plastiche o lamiere arrugginite, quando abbozzava corpi o mani o volti dai lineamenti rosicchiati, quando disegnava geografie di luoghi informi, di città annegate, d’interni maculati e a tratti cancellati, come un antico mosaico corroso per metà dal tempo.

Ecco, il tempo. È il protagonista silenzioso dell’opera di Luca Zarattini, da cui s’affaccia sempre l’ineffabile, ciò che non si può dire, che non si può mai raccontare. Lui invece lo racconta scrivendo una pagina fitta di cancellature: non un testo lindo, pulito, immacolato, non una composizione finita e definita, ma il farsi del testo come della vita, con le sue trasformazioni, con le sue deformazioni. Sicché ti torna in mente La metamorfosi di Kafka, storia d’un commesso viaggiatore che un mattino, svegliandosi, scopre con orrore d’essere diventato un grosso scarafaggio. Oppure il ballo in maschera descritto da Proust nell’ultimo volume della Recherche, quando i personaggi si ritrovano in un matinée dai principi di Guermantes, dopo la Grande Guerra, e ad uno è cresciuto il doppio mento, all’altra un paio di gote vizze e rinsecchite, ed è esattamente questa la maschera che giorno dopo giorno ci mettiamo addosso, è lo scavo del tempo sui nostri lineamenti, sui nostri stessi sentimenti.

Sono maschere quelle che traspaiono, in un angolo o in uno squarcio della tela, nelle figurazioni di Luca Zarattini? Laggiù ti sembra di riconoscere il viso d’un fanciullo; quell’altro quadro, in alto, mostra un omino chino sul dorso, come se nuotasse; o altrimenti t’appare una zampa di cavallo, però staccata dal suo corpo; o una testa di donna, che riconosci soltanto dalla capigliatura; o una foglia, un uccello, un vaso, senza alcun nesso apparente con il disegno complessivo. Succede perché l’ordito procede per frammenti, per sottrazioni, per lacune. Perché si divide in parti e in piani. Perché si sminuzza, si moltiplica come una scacchiera. Perché qua e là subisce piccole abrasioni, tal quali l’erosione del tempo sulle cose. Perché infine accumula strati successivi, attraverso la tecnica del collage.

È un’arte nobile, sperimentata da Picasso nel primo Novecento, poi da Braque, Ernst, Heartfield, Matisse, da molti altri ancora. D’altronde nell’arte, come nella cultura in genere, non c’è mai nulla che sia del tutto nuovo: siamo tutti nani sulle spalle dei giganti. Ciascuno, tuttavia, v’aggiunge un elemento, una variante, un’interpretazione. E quest’ultima diventa atto creativo, sempre che l’artista non si limiti a riprodurre stancamente le creazioni altrui, giacché allora non sarà propriamente un artista, semmai un falsario, nel migliore dei casi un artigiano. Ogni poeta forte – diceva Harold Bloom (La kabbalà e la tradizione critica, 1975) – non può che muovere dalla tradizione poetica precedente, però per travisarla, per trasformare il reading in misreading. Fa altrettanto Zarattini, con i suoi mezzi espressivi. Collage, alla lettera, significa «incollaggio». Lui invece usa questa tecnica per scollare, per decostruire, per scomporre. Con ciò, forse, rivelando l’autentica sostanza delle cose.

Michele Ainis

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